Nell’ambito di un breve ciclo di serate di approfondimento organizzato dai circoli del PD della Zona Oglio Ovest, lo scorso giovedì 10 novembre si è tenuto a Palazzolo un incontro dal titolo “L’Italia sono anch’io. Diritti e doveri degli italiani del futuro”, in cui si è discusso di multiculturalismo e politiche di integrazione.
L’incontro, che ha visto la numerosa presenza anche di stranieri residenti nel nostro comune, si è aperto con la proiezione del bel documentario “Brescia e gli altri” realizzato qualche anno fa da Gianni Rocco che, in maniera chiara e puntuale, ha fotografato la situazione e le condizioni di vita degli stranieri presenti a Brescia e provincia, quotidianamente alla prese con attese e speranze, problemi di lavoro, di inserimento nel tessuto sociale e di rappresentanza. Sono quindi seguiti gli interventi di Giovanna Benini (Responsabile del Dipartimento per l’Immigrazione del PD di Brescia), del prof. Elia Ravelli (Dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Castegnato e Pontoglio) e di Bokpe Ormich Christophe (Referente dell’Associazione Multietnica di Castegnato). Interventi che hanno posto l’attenzione su come la Politica (e con quali proposte) possa guidare e accompagnare un percorso di integrazione e di intercultura nella formazione di una “nuova società” che, arricchita e rinnovata dalle diversità, superi l’attuale rigido dualismo “noi e loro” per approdare a un “noi condiviso e globale”. Un percorso che non può non partire dalla scuola, primo e imprescindibile ambito di integrazione, abbandonando strampalati propositi di limitazioni al numero degli alunni stranieri o di “classi ponte”. Un percorso che si proponga di superare i limiti del multiculturalismo per muovere verso l’interculturalità, ovvero verso un paradigma in grado di coniugare identità e differenze. Un processo dinamico che vede come primo passo la creazione di associazioni multietniche che, da un lato, si interfaccino con le istituzioni e, dall’altro, favoriscano la costruzione di spazi condivisi. In tutto questo la prima risposta che la Politica può dare è quella di una riforma del diritto di cittadinanza che preveda che anche i bambini nati in Italia da genitori stranieri regolari possano essere cittadini italiani e una nuova norma che permetta il diritto elettorale amministrativo ai lavoratori regolarmente presenti in Italia da cinque anni (due proposte per cui il PD, insieme ad altre associazioni, sta realizzando una raccolta di firme per presentare una legge di iniziativa popolare). Ma cittadinanza e integrazione devono prima di tutto realizzarsi nei nostri (singoli) contesti urbani, nelle nostre città e nei nostri comuni. In questi contesti l’impegno primario della Politica deve essere quello di evitare la formazione di ghetti e operare per armonizzare interessi e identità differenti, perseguendo l’obiettivo (si spera non troppo lontano) di arrivare a una città globale e interculturale. Un progetto realizzabile solo se le singole istituzioni sapranno mettere in atto percorsi di formazione in senso classico e specifico, insieme ad eventi, situazioni, percorsi di vita reale che facilitino l’assunzione di consapevolezza e la diretta esperienza dell’alterità e delle relazioni tra alterità. E perché questo progetto di (nuova) città si realizzi, per poter arrivare a un’unica umanità e ad un “noi condiviso” bisogna anzitutto riconoscere cittadinanza, e quindi dare voce, a ogni singolo abitante.
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